prima pagina pagina precedente




Una lezione speciale
“Come ti rendono nazista. L'approccio ai giovani delle formazioni neofasciste”
Patrizia Zocchio

prima parte

Così recitava il titolo dell'incontro con il professore Raffaele Mantegazza docente all'università Bicocca di Milano, proposto da ANPI e ANED all'amministrazione comunale in occasione del 25 aprile, festa della Liberazione.

Un titolo provocatorio per ricordare, con gli studenti e le studentesse di Monza, non solo una ricorrenza tanto importante come quella della liberazione dal nazi-fascismo, ma per dare un'impronta d'attualità al fenomeno di chi rievoca dittatura, soppressione dei diritti, razzismo, come atti “eroici”.

Ed ecco che Il 24 aprile 2013 al teatro Manzoni di Monza, alla presenza degli alunni e alunne provenienti dalle scuole Leonardo da Vinci, Confalonieri, Elisa Sala, Preziosine, Istituto d'Arte ed Hensenberger non si è tenuta la solita conferenza sulla festa della Liberazione, ma un momento di consapevolezza dei meccanismi di fascinazione che possono trarre in inganno menti avulse dalle conoscenze storiche e dai valori di rispetto, uguaglianza, solidarietà.

Il prof. Mantegazza il giorno precedente aveva incontrato una classe dell'Hensenberger ed alcuni ragazzi della scuola Leonardo da Vinci, preordinando una drammatizzazione da mettere in atto in questa occasione.
Dopo i saluti di Rosella Stucchi per ANPI e Milena Bracesco per ANED, Mantegazza, rivolgendosi alla platea, proponeva una simulazione chiedendo ai ragazzi contattati in precedenza di interpretare la parte dei neonazisti e di portare sul palco altri ragazzini, ovvero le “reclute da addestrare”.

Per qualche minuto 10 ragazzi e ragazze con fare minaccioso e il cappuccio in testa si sono aggirate tra le poltrone del teatro, tra gli sguardi stupiti e spaventati di coloro che dovevano essere scelti.
I “neonazisti” improvvisati attori sono saliti sul palco, ognuno con una recluta pescata tra i ragazzini delle medie.

Ha avuto inizio a questo punto la messa in scena, da parte di ogni attore, delle pratiche attuative messe in atto per convincere le reclute ad aderire al loro movimento.
E' stato rappresentato chi, facendo leva sulla paura del diverso o sul bisogno del riscatto sociale, ha puntato sull'inferiorità della razza altrui, rievocando quei termini che inferiorizzano quali terrone, gay, torna a casa tua; non sono mancati riferimenti al macismo , rivendicando un ruolo subalterno delle donne, sull'impunibilità nell'esercitare la violenza, sulla svalorizzazione delle scuola e degli insegnanti, di quelle figure d'adulto che mettono in atto processi educativi.
Il tutto è stato reso molto suggestivo dal coinvolgimento dei ragazzi/attori che, entrati nella parte, hanno supportato le motivazioni che dovrebbero convincere le giovani reclute a diventare neonazisti facendoli sentire esaltati e forti, protetti dal branco e dal capo, sollevati dal bisogno di decidere perché qualcun altro lo fa per te, autorizzati a picchiare, denigrare tutti quelli che possono minare la tua superiorità: una vera e propria simulazione di sospensione dell'uso del cervello.

seconda parte...

Ed è proprio sull'essere individui pensanti che si avvia la seconda parte dell'incontro facendo entrare in scena 9 ragazzi e ragazze della scuola Leonardo cui era stata assegnato un altro copione.
Ogni ragazzo salito sul palco ha portato con sé un oggetto simbolico: un cacciavite, un rossetto, una cartina della città, una lente di ingrandimento, un telecomando, una sveglia, un dizionario italiano/spagnolo, un pezzo di pane; ed è iniziata un'altra rappresentazione consistita nel raccontare cosa rappresentassero questi oggetti nel loro vissuto.
Gli oggetti sono diventati nella narrazione un modo per esorcizzare il potere della sopraffazione, oggettivando chi, cosa e quando vien sopraffatto ed a che prezzo; il raccontare le proprie storie è diventata immagine dell'importanza dell'identità definita e cosciente dell'individuo, dell'esigenza di dignità per ogni essere umano, rivendicando la necessità di essere sempre vigili e coscienti su quanto si sta facendo e sulle scelte operate nella quotidianità.

L'ultima parte dell'intervento ha fornito alcuni punti di riferimento storici rispetto al nazismo ed al fascismo, portando alcuni esempi proprio a partire dagli oggetti rappresentanti la quotidianità, facendo assumere a quel punto alle affermazioni valenza testimoniale e non solo celebrativa.
Il rossetto ha raccontato di come le donne, nei campi di sterminio, per sentirsi vive nell'identità che veniva minacciata giorno dopo giorno, sbriciolavano dei mattoni con la cui polvere si truccavano le guance e le labbra rivendicando una femminilità negata.
Il cacciavite di come i partigiani con semplici strumenti, le poche armi messe insieme ma con molta ingegnosità, abbiano cercato di scardinare il regime fascista aiutati dalla popolazione, per liberarsi e riscattare l'Italia.
Il pezzo di pane ha offerto l'occasione a Mantegazza di raccontare la storia narrata nel libro “Per violino solo” di Aldo Zargani, in cui il protagonista attraverso la vicenda del padre incarcerato con la moglie perché antifascista fa assaporare ai figli il sapore del fascismo e della repressione delle libertà delle persone.
La cartina della città, il dizionario, la lente di ingrandimento, il telecomando hanno assunto il significato di strumenti che se ben utilizzati e pensati possono servire per conoscere il mondo, le lingue, gli altri, ed in questo modo acquisire consapevolezza che confrontarsi è crescere, superare lo stereotipo, acquisire e dare rispetto; soprattutto ribadire per chi ancora non ha coscienza che apparteniamo tutti allo stesso genere: quello umano.

E' passata un'ora e mezza e dalla platea, sempre attenta ed incollata alla poltrona per non perdersi neanche una parola a loro rivolta, dopo un attimo di silenzio, si è levato un applauso che conclude una mattinata speciale, con una lezione che nessuno dimenticherà mai.

Patrizia Zocchio



EVENTUALI COMMENTI
lettere@arengario.net
Commenti anonimi non saranno pubblicati


in su pagina precedente

  30 aprile 2013